Si è svolto il 22 maggio 2014 presso il Liceo Scientifico «Luigi Costanzo» di Decollatura l’incontro con Francesco Bevilacqua, autore di numerose pubblicazioni sul tema delle bellezze naturalistiche della Calabria e sulla loro valorizzazione. Il titolo dato all’incontro «Cammino, penso quindi racconto…» annunciava chiaramente il contenuto della conversazione e anche la chiave di lettura dell’opera di Bevilacqua.
L’incontro, promosso dal Dirigente Scolastico dott.ssa Patrizia Costanzo in collaborazione con la casa editrice Rubbettino, ha visto la partecipazione di un folto pubblico di studenti, docenti e cittadini e l’intervento del Sindaco di Decollatura dott.ssa Anna Maria Cardamone.
Dopo il saluto del Dirigente e del Sindaco ho svolto l’intervento di presentazione di Francesco Bevilacqua e della sua ultima opera Sulle tracce di Norman Douglas. Avventure fra le montagne della vecchia Calabria (Rubbettino, 2012). Il libro è il racconto di una serie di viaggi intrapresi in diverse occasioni da Bevilacqua nella Calabria più profonda e sconosciuta sulle orme del viaggiatore Norman Douglas, un inglese che all’inizio del Novecento scoprì la Calabria e la volle visitare servendosi quasi esclusivamente delle sue gambe.
Nel 1915 uscì a Londra il volume Old Calabria in cui Douglas raccontava le impressioni ricevute viaggiando in una delle ultime regioni selvagge della vecchia Europa. Ne emergeva un quadro allo stesso tempo tragico e struggente di un popolo fiero e nobile ma che non riusciva a comprendere e a proteggere le bellezze uniche che ancora possedeva.
L'intervento del Dirigente Scolastico dott.ssa Patrizia Costanzo. Foto di Manuela De Fazio
Intervento prof. Giuseppe Musolino. Foto di Manuela De Fazio
Nel mio intervento ho tracciato un parallelo tra le figure di Douglas e Bevilacqua, tutti e due attratti irresistibilmente dai monti, dai fiumi, dalle tracce lasciate dagli uomini nel corso dei millenni in una regione che meriterebbe migliore fortuna. Quello che segue è il testo del canovaccio seguito nel mio intervento:
Francesco Bevilacqua vive a Lamezia Terme dove è nato nel 1957.
Segue studi classici e si laurea in Giurisprudenza a Firenze. Svolge l’attività di avvocato nella stessa Lamezia Terme.
Subito dopo la laurea, forse anche per la residenza per qualche anno fuori regione, inizia ad interessarsi al sociale a all’ambiente delle Calabria in cui è tornato a vivere.
Con Italia Nostra e il WWF negli anni ’80 partecipa alle prime iniziative sul tema ambientale che si orienteranno soprattutto nella pressante richiesta dell’istituzione dei Parchi naturali in Calabria per contrastare il degrado e gli scempi che dovunque avanzavano.
Aderisce al CAI, al FAI, è attivo nel Touring Club Italiano, insomma a ogni organizzazione che abbia come scopo la scoperta, la valorizzazione e la tutela del paesaggio e della cultura antropologica degli uomini che lo abitano.
La strada che ha scelto è quella operativa. Non un “ecologista” delle tavole rotonde e dei salotti ma uno che la campagna la batte veramente in prima persona, scoprendo e percorrendo sentieri, frugando nei boschi più inaccessibili, scalando letteralmente le montagne calabresi che, sebbene non alte quanto quelle alpine, sanno essere altrettanto severe con chi sbaglia.
Dai suoi 32000 chilometri di cammino a piedi, ci rimangono racconti e immagini che ha divulgato attraverso la pubblicazione di moltissime opere sia sulle più prestigiose riviste (Bell’Italia, Airone, Rivista CAI, ecc.) sia nei 17 saggi sulla Calabria e la sua natura.
Collabora con la casa editrice Rubbettino, tiene conferenze, insegna in corsi di aggiornamento, partecipa ad attività istituzionali, ha collaborato con la RAI per la produzione di documentari. E poi pratica lo sci di fondo, l’alpinismo e, ovviamente, il trekking. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per la sua attività di scrittore e di ambientalista.
È sposato con figli e, in fondo, è una persona come noi.
Non può bere molti caffè, fa un’alimentazione salutista ma, come noi, non può passare dritto davanti a una bella tavoletta di cioccolata che solo lui sa dov’è perché è lui che l’ha nascosta lì!
«OLD CALABRIA»
L’ultimo libro di Francesco Bevilacqua è «Sulle tracce di Norman Douglas. Avventure fra le montagne della Vecchia Calabria», Rubbettino, 2012.
È il resoconto di una serie di escursioni fatte da Bevilacqua attraverso la Calabria ripercorrendo lo stesso itinerario che all’inizio del ‘900 aveva fatto un viaggiatore inglese di nome Norman Douglas.
«Sulle tracce di Norman Douglas» inizia proprio presentandoci l’opera «Old Calabria» uscita nel 1915 per opera dello scrittore Norman Douglas.
Fu forse proprio l’incontro con questo volumetto, acquistato in una libreria di Firenze dove studiava, che iniziò Francesco Bevilacqua a un mondo che se non ci fosse stato quell’incontro, forse, non avrebbe mai conosciuto. Lo dice l’autore stesso quando parla di quel volume che dopo trent’anni, ancora tocca e legge, legge e rilegge fino a consumarlo.
Il volume scritto da Norman Douglas è uno dei libri di viaggio fra i più letti e longevi. Si inserisce nel filone delle opere pubblicate da viaggiatori stranieri che percorrevano l’Italia alla ricerca delle forti sensazioni nelle regioni più primitive e selvagge.
«Old Calabria» fu pubblicato per la prima volta a Londra nel febbraio 1915 in 1000 esemplari dall’editore Martin Secker e poi in altri 1000 esemplari nel marzo 1920.
Douglas era nato in Austria nel 1868 da padre scozzese ma la sua vita si svolse in Inghilterra prima e poi in Germania. Studiò biologia, scienze naturali, studiò le lingue classiche e quelle moderne, entrambe molto utili per la sua futura vita di viaggiatore.
Era irresistibilmente attratto dall’Italia, specialmente Napoli e le sue isole. Fu un diplomatico per alcuni anni ma ben presto lasciò per vivere unicamente dedicandosi ai viaggi e alla scrittura. Sposato, ebbe due figli ma il matrimonio non durò molto.
Le rendite delle proprietà di famiglia gli consentirono di vivere senza problemi e allora si trasferì a Capri, che fu dove fissò la sua dimora definitiva, pur alternandovi la residenza con altri posti. Passò il resto della vita tra viaggi, attività benefiche (raccolta fondi per il terremoto in Calabria, riforestazione di Capri, ecc.), avventure sentimentali, pubblicazione di opere. Col passare del tempo la sua situazione economica cominciò a vacillare ma fu sostenuto dagli amici italiani e inglesi che non gli fecero mancare l’aiuto, specie quando la salute cominciò seriamente a cedere. Morì a capri nel 1952.
In «Old Calabria» descrive il suo viaggio attraverso la regione – che visitò molte volte – allora ancora quasi tutta selvaggia, cercando gli angoli più nascosti e arrampicandosi per sentieri impossibili. Nelle sue parole si indovina in più di un’occasione la sua mentalità reazionaria nei confronti della gente calabrese che gli si presentava sporca e brutta, senza trascurare però di ricordare la bellezza delle donne.
A Bevilacqua naturalmente non sfugge questo aspetto di Douglas ma, dice in nostro autore, che «sapeva cogliere dietro l’arretratezza, l’immobilismo, lo sfasciume sociale di quella terra, un’intima, struggente bellezza».
Bevilacqua sceglie di ripercorrere l’itinerario di Douglas perché il loro modo di viaggiare è uguale. Entrambi preferiscono la fatica, il passaggio ravvicinato con il terreno, la strada, gli alberi, insomma tutto quello che riescono a vedere i viaggiatori che si muovono con le loro gambe.
La fatica fisica è il viaggio per Bevilacqua. Senza sudare, senza il gelo che ne segue, senza sentire la pioggia che bagna e inzuppa tutti i vestiti, non è viaggiare. Non si può dire che si conosce un luogo se non si è stati inzuppati dalla sua pioggia, se non si è rimasti bloccati da una frana della sua terra, se non si è guadato il suo fiume con l’acqua fino al collo. Perché il viaggiare, dice l’autore, «è la ricerca dei luoghi delle mie radici, della mia anima, della mia identità.»
Lui ha naturalmente un fuoristrada, ma a dispetto del nome, lo usa solo per andare in strada perché poi, fuori strada, ci va a piedi.
E a proposito di “comodità” il Nostro chiarisce che dal suo amore per la Calabria non ha inteso ricavarne vantaggi. Anche quando, in seguito ai successi delle sue iniziative, gli venivano offerti posti di un certo interesse, candidature e altre prebende che molti avrebbero trovato interessanti, lui ha declinato le offerte. Nel fare bene il suo lavoro, nel cercare di fare del bene alla propria terra e, soprattutto, nell’essere un buon padre, ha trovato la sua gratificazione. Ma torniamo al libro.
L’Autore segue un doppio binario. Mentre descrive percorsi e racconta aneddoti che sono poi in molti casi esperienze di vita, anche drammatiche, ripropone il parallelo con il viaggio fatto un secolo prima da Norman Douglas, quasi come se sperasse di incontrarne in qualche punto qualche traccia da lui lasciata o, almeno, immaginare di rivivere le sensazioni che il paesaggio, nei luoghi più impervi rimasto inalterato, potevano provocare sull’inglese.
Molte sono le buone letture di Bevilacqua che emergono in tutto il libro. Oltre alla letteratura degli alpinisti e viaggiatori estremi, non ha tralasciato di leggere i maggiori intellettuali che hanno parlato del viaggio e, in definitiva, dell’uomo.
Ed ecco che di questi autori ci propone delle citazioni che raramente ho trovato così pertinenti e calzanti per aiutare l’autore a esprimere con le parole che in quel momento gli mancano il concetto che voleva. Moltissime sarebbero le citazioni da ricordare. Per esempio la geniale intuizione di Vito Teti, uno dei maggiori antropologi calabresi, che conia il termine di «narrabondi stanziali»
Francesco Bevilacqua durante il suo intervento. Foto di Manuela De Fazio
Giuseppe Musolino e Francesco Bevilacqua. Foto di Manuela De Fazio
Subito dopo la mia presentazione è intervenuto Francesco Bevilacqua che ha proiettato un bellissimo filmato con le immagini dei momenti più belli delle sue infinite esplorazioni calabresi e lucane sul Pollino, l’Aspromonte e la Sila. Ha poi svolto un ampio intervento in cui ha esposto il suo pensiero sul paesaggio e sulla memoria che abbiamo perso dei luoghi fino a pochi anni fa familiari a tutti gli abitanti. Molti gli episodi che ha raccontato e che si possono leggere nel suo ultimo libro: dai momenti più difficili vissuti nel corso delle camminate fino agli incontri con gli elementi più belli del paesaggio calabrese come le gole tra le montagne, le cascate, la fauna selvatica.
Un particolare appello ha rivolto ai giovani ed è quello di non dimenticare i nomi dei luoghi perchè in essi si ritrovano tracce di un passato che non si può sacrificare in nome di un’illusoria modernità. Sono seguiti poi gli interventi degli studenti e del pubblico che hanno sollecitato l’autore a rispondere alle loro domande.
Vecchia Calabria, edizione del 1978
Norma Douglas nel 1935
Per quanto riguarda «Old Calabria», la fondamentale opera di Norman Douglas, vale la pena sfogliare il libro che aggiungo qui di seguito. E’ in inglese e quindi molti avranno difficoltà a leggerlo (ma esistono in commercio molte edizioni in italiano dal titolo “Vecchia Calabria”), ma l’edizione sfogliabile che vi propongo è la prima edizione inglese del 1915 dell’editore Martin Secker. E’ autografata dallo stesso Douglas e contiene alcune bellissime immagini della Calabria, della Puglia e della Basilicata:
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Si è svolta ieri, sabato 28 dicembre 2013, nel Palazzo Cosentini a Feroleto Antico (CZ) la consegna dei riconoscimenti ai vincitori del Premio Ferula d’oro 3^ edizione 2013 e agli altri autori destinatari di menzioni speciali.
La manifestazione, che ha avuto come conduttrice la giornalista Maria Teresa Notarianni, ha visto un qualificato tavolo di presidenza con Pietro Fazio, Sindaco di Feroleto Antico, Franco Falvo, presidente della giuria, lo storico prof. Ulderico Nisticò, la prof.ssa Lina Latelli Nucifero, le scrittrici prof.sse Savina Tecla Palmieri e Sina Mazzei.
Al momento della consegna delle targhe e degli attestati la giuria ha letto anche la motivazione per l’assegnazione di ciascun premio.
Ecco le altre immagini:
Premiazione di Giuseppe Musolino
Premiazione di Giuseppe Musolino
Al giornalista Franco Falvo, organizzatore del Premio e presidente della Giuria, e ai giurati va il ringraziamento per il riconoscimento che mi è stato assegnato.
Per il racconto dettagliato della manifestazione potete visitare il sito www.cittadiferoletoantico.it, promotore del «Premio Ferula D’Oro».
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Questo articolo è la naturale prosecuzione di quello pubblicato quasi esattamente un anno fa intitolato «Presentata la 1a Carta Archeologica del territorio del Comune di Decollatura» in cui parlavo della pubblicazione del volume «1a carta Archeologica del territorio di Decollatura». In quell’occasione si presentarono i risultati dell’indagine di superficie che avevano indicato chiaramente la presenza di reperti di remota datazione. Ci si lasciò con l’idea che il passo successivo sarebbe dovuto essere l’avvio di una vera e propria campagna archeologica destinata a indagare più in “profondità”. Occorreva cercare conferme alle idee delle due studiose Ginevra Gaglianese e Paola Vivacqua che, dall’esame dei frammenti di ceramica e impasti ritrovati, indicavano una datazione del sito Muraglie intorno ai primi secoli dopo Cristo o forse ancora più remota.
Panoramica di parte dell'area degli scavi
L’Amministrazione Comunale di Decollatura guidata dal sindaco Anna Maria Cardamone si dichiarò subito disponibile a coordinare gli aspetti amministrativi dell’avvio di una campagna di scavi da prevedere per l’estate 2013. Da quel momento, uno dopo l’altro, si sono affrontati tutti i problemi che una simile operazione presentava e infine, dopo aver adempiuto a tutti i passaggi necessari e ottenute le autorizzazioni dei proprietari dei terreni, il 14 ottobre ha avuto inizio la campagna di scavi in località Muraglie di Decollatura, nei pressi della chiesa di San Bernardo. A rendere possibile l’attività sono stati innanzitutto la passione e la dedizione delle due archeologhe Ginevra Gaglianese e Paola Vivacqua che gratuitamente si sono assunte l’onere di essere responsabili del cantiere e di lavorare dalle 7 del mattino al tramonto per quindici giorni lasciando da parte le rispettive attività professionali e anche gli impegni familiari. A coadiuvarle negli scavi sono stati, sempre a titolo gratuito, altri archeologi già laureati e altri che stanno completando gli studi. A loro si sono uniti anche altri volontari della Pro Loco di Decollatura, della Protezione Civile e dell’Associazione Passaggiari avanti. La partecipazione di queste tre associazioni, coinvolte fin dalla fase progettuale attraverso diversi incontri preparatori tenutisi nel Municipio, è stata la vera carta vincente dell’intera operazione. I loro associati hanno fatto fronte alle necessità logistiche mettendo a disposizione una tenda che ha funzionato da ufficio e deposito temporaneo, tavoli, carriole e attrezzi, il serbatoio di erogazione dell’acqua e anche il gruppo elettrogeno per l’illuminazione notturna del cantiere che l’ultimo giorno è stato necessario attivare.
L’Amministrazione Comunale ha stanziato una somma di 1500 euro che è servita per l’acquisto di alcuni utensili, rete da cantiere, carburante e per un rimborso spese a due operai.
Da sottolineare infine l’ottimo rapporto di collaborazione con i proprietari dei terreni: i signori Felice Marasco e Nicola Marotta e la signora Palmieri. Da parte dei responsabili del cantiere e da tutti gli altri partecipanti si è organizzato tutto per dare loro il minore disturbo possibile.
Conferenza stampa: Spadea, Cardamone, Gaglianese, Vivacqua
E veniamo adesso ai risultati della campagna di scavi.
Il 30 ottobre scorso nella Sala Consiliare del Municipio di Decollatura si è tenuta la conferenza stampa per comunicare, appunto, i primi risultati dei 15 giorni di lavoro. Erano presenti il Sindaco Anna Maria Cardamone, il Soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria dott. Roberto Spadea e le archeologhe Ginevra Gaglianese e Paola Vivacqua. Tra i pubblico — ma a pieno titolo come coprotagonisti — i volontari e i rappresentanti delle associazioni.
Il Sindaco ha ringraziato tutti per il magnifico lavoro e ha rilanciato promettendo il suo impegno per reperire i fondi necessari per riprendere già dalla prossima estate con una nuova campagna di scavi. Il dott. Spadea ha avuto parole di elogio per le due archeologhe, per i volontari e per l’Amministrazione prenotando già un posto per poter partecipare come volontatio alla prossima campagna di scavi dal momento che a breve sarà collocato a riposo e quindi cesserà dal suo incarico.
P. Vivacqua e G. Gaglianese
Gli interventi di Gaglianese e Vivacqua hanno catturato l’attenzione di tutti perchè tutti aspettavano le notizie ufficiali sull’entità dei risultati. Dopo aver premesso che ciò che si diceva era basato ancora su una prima analisi dei reperti e che quindi, per avere contezza scientifica completa, occorrerà attendere lo studio e la relativa pubblicazione, hanno illustrato le due maggiori novità. La prima è la presenza di una tomba con spallette in muratura che all’origine era rifinita con intonaco interno e copertura in laterizi. Di essa restano solo tracce e frammenti poichè è stata violata e comunque distrutta dal secolare utilizzo agricolo del fondo. Al suo interno è stato trovato un frammento di anfora da trasporto che la dott.ssa Vivacqua ha classificato come africana 2A. Nella sfortuna di non aver ritrovato l’intera anfora, ha affermato, tuttavia possiamo dirci fortunati poichè l’orlo è l’unica parte dell’anfora che con il suo particolare disegno consente di riconoscerne la tipologia e quindi la provenienza. Ed è così che è stato poichè l’anfora proviene dalla Tunisia, come anche molti degli altri frammenti di ceramiche ritrovati nello stesso sito.
Un esemplare di Anfora Africana tipo II A simile a quella che si trovava nella sepoltura scavata, riconoscibile dall'orlo
Una seconda sepoltura, ritrovata proprio l’ultimo giorno di scavi, riguarda una fossa terragna che ha attirato subito l’attenzione delle archeologhe e di Vittorio che era al lavoro in quel punto. La piccola parte di teschio che emergeva lasciava indovinare le piccole dimensioni dell’individuo che è stato identificato come “infante”. Si riconoscevano parte del teschio, lo sterno, frammenti di arti e poco altro. Un solo frammento di ceramica era presente nella fossa ed è stato classificato come “orlo di un piatto-coperchio databile tra il I e il IV secolo d.C.”
L'archeologa Ginevra Gaglianese
L’altro fatto nuovo e inatteso è stata la scoperta di un asse viario della larghezza di circa 2,50 m. Il tratto scavato non è molto esteso ma è sufficiente per osservare il suo allineamento che è Est-Ovest, cioè diretto a monte verso il valico di Acquabona e a valle verso l’attuale abitato. Ancora è troppo presto per trarre conclusioni ma è indubbio che una strada in pietra che passa attraverso una necropoli (sempre che le due entità siano coeve) necessita di una spiegazione che va oltre quella di alcune sepolture in una località periferica. D’altra parte già le altre testimonianze escludono trattarsi di una necropoli afferente a una stazione povera e marginale, bastando osservare la grandezza delle tombe in muratura rifinite con intonaco interno in malta. E poi la ceramica, incluso l’orlo di anfora che attesta relazioni commerciali a lunghissima distanza, rendono pienamente conto della presenza di un asse viario adeguato all’importanza del sito. Attendiamo il pronunciamento delle due archeologhe.
I risultati di questa campagna di scavi, sebbene ancora solo provvisori, non possono non indurre chi si occupa della storia locale a riconsiderare quanto si era finora finora ipotizzato. La prima ovvia osservazione è che già tutto era contenuto nel toponimo «Romano» che niente ha a che fare con nomi di antichi proprietari ma è da ricondurre direttamente alla “romanità” del sito, ai costruttori delle tombe e utilizzatori delle ceramiche di sigillata africana ritrovate in frammenti. Romani dunque erano coloro che commerciavano con le coste della Tunisia prodotti di cui ancora non conosciamo la natura. Non deve ingannare il lettore di questo articolo il fatto che il toponimo «Romano» oggi sembra limitato alle poche case che sorgono nel punto in cui Via Risorgimento incrocia la strada provinciale 159/1, poichè nell’antichità con esso si indicava tutto il territorio che va dalla chiesa di San Bernardo fino a Praticello, includendo il fondo Cianflone per un totale di oltre 50 ettari. Successivamente, altri toponimi hanno sostituito «Romano» in molte sue parti: Muraglie, Crucivia, Cancello, Monte, Fondaco, Cianflone e così via, per cui Romano è diventato un toponimo relativo a un piccolo ambito, a differenza di quanto avveniva all’origine.
Poi c’è il toponimo «Muraglie», insistentemente da molti attribuito alla presenza di muri a secco adoperati per terrazzare i terreni. Ebbene, si può dire che in località Muraglie non c’è alcuna presenza di muri a secco per terrazzare i terreni poichè la differenza di livello tra i fondi raramente supera un metro di altezza e quindi non è richiesta alcuna opera muraria. In qualche punto è stata osservata la presenza di modeste concentrazioni di pietre in corrispondenza del’argine ma si trattava solo del fatto che l’argine è il posto migliore per tenervi le pietre affioranti dal terreno durante i lavori agricoli. E quindi all’origine di «Muraglie» c’è la presenza di murature in rovina affioranti dal terreno, se si vuole escludere l’altro significato che classicamente si attribuisce a “muraglia” cioè quello di mura di fortificazione di una città che qui sembrerebbe da escludere…
L'assenza di muraglie di terrazzamento nei terreni di località "Muraglie"
Venendo poi all’annosa questione dibattuta dagli storici di ogni tempo, se cioè le ossa che da sempre si dice siano state rinvenute nella zona siano da ritenersi la prova o meno dello scontro tra l’esercito di Pirro e i Mamertini, la presenza di una necropoli ne stabilisce un’origine ben diversa, fermo restando l’interrogativo sull’ubicazione dell’epica battaglia. Le ossa e gli oggetti (“mezze spade”, “pomi di padiglione”, “un elmo”, una moneta romana, “ossa di smisurata grandezza”, ecc.) testimoniano non lo svolgimento di una battaglia che per puro caso si sarebbe svolta in quel luogo, quanto piuttosto di una residenza e di una necropoli utilizzate per moltissimi secoli, in grado quindi di produrre i resti via via ritrovati e mai mostrati da nessuno.
La volontaria Elisa Marasco al lavoro con frammenti appena ritrovati
Si scava con l'illuminazione artificiale
Scavi ricoperti con telo di plastica e terra
Foto ricordo
Questo è il comunicato reso noto dalle archeologhe Gaglianese e Vivacqua durante la conferenza stampa:
CAMPAGNA ARCHEOLOGICA – LOC. MURAGLIE – DECOLLATURA
Il progetto di ricerca sul territorio, iniziato nel corso del 2010 con una breve indagine di archeologica di superficie, supportata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e condotta dalla dott.ssa Ginevra Gaglianese, ha permesso, attraverso l’analisi dei rinvenimenti in superficie e la conseguente quantificazione delle presenze archeologiche, di gettare le basi per l’elaborazione di una “Prima carta archeologica del territorio di Decollatura”, pubblicata da CittàCalabriaEdizioni, a cura di G.Gaglianese, G.Musolino, P.Vivacqua. Da questa ricerca è chiaramente emersa l’alta potenzialità dell’area quale ulteriore contributo alla comprensione dell’evoluzione dei sistemi insediativi dell’intero territorio del Reventino.
Tra i siti individuati, quello di località Muraglie – nota sin dagli anni Ottanta per il rinvenimento fortuito di sepolture– apre nuovi orizzonti circa l’importanza del territorio in epoca brettia, romana e tardoantica, testimoniando un’interessante e inaspettata continuità insediativa.
Il rinvenimento di frammenti di ceramica sigillata di produzione africana, collocati cronologicamente tra il V e VI d.C., assume particolare importanza, testimoniando, come in epoca tardoantica vi sia un importante potere di scambio e dialogo tra questo sito montano e la costa, tale da giovare delle merci provenienti dal bacino del Mediterraneo.
Tale premessa ha indotto l’Amministrazione Comunale di Decollatura, a promuovere una campagna di scavo stratigrafico sul sito di località Muraglie, dando seguito all’impegno costante nelle attività di promozione della cultura del proprio territorio.
La campagna di scavo archeologico è stata diretta dal dott. Roberto Spadea della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e condotta sul campo dalle archeologhe dott.ssa G. Gaglianese e dott.ssa P. Vivacqua.
L’indagine stratigrafica realizzata tra il 14 ottobre 2013 e il 26 ottobre 2013, è stata possibile grazie a un piccolo finanziamento da parte dell’Amministrazione Comunale e soprattutto al coinvolgimento di volontari, appassionati, professionisti, studenti di archeologia e membri dell’Associazione Passaggiari Avanti.
Il Gruppo Croce Rossa di Decollatura, la Protezione Civile comunale e la Proloco di Decollatura hanno contribuito notevolmente ai lavori di logistica e di gestione del cantiere di scavo.
L’intera iniziativa dimostra, quindi, come, la sinergia tra diversi gruppi che operano sullo stesso territorio e il proficuo lavoro di rete, possa portare a risultati significativi e compiuti.
I nuovi lavori di ricerca hanno confermato l’importanza dell’area di località Muraglie nel processo di popolamento del territorio di Decollatura, in epoca antica.
Nello specifico l’indagine archeologica nella proprietà Marasco ha restituito i resti di una sepoltura con spallette in muratura (pietre legate da malta) con intonaco interno e copertura in laterizi. All’interno della sepoltura, già violata, è stato rinvenuto un frammento di anfora da trasporto Africana 2A, proveniente dalla Tunisia.
Il contenitore adibito al trasporto di olio e/o salse di pesce è datato tra la fine del II e la metà del III sec. d.C. e attesta una frequentazione dell’area in epoca romana.
L’anfora all’interno della sepoltura potrebbe essere pertinente al corredo del defunto o aver rappresentato essa stessa un contenitore per i resti ossei (enchytrismòs)
Accanto alla sepoltura in muratura lo scavo ha restituito una fossa terragna con resti ossei pertinenti ad un infante, con un corredo, assai povero, costituito da un orlo di piatto-coperchio databile tra il II e il IV sec. d.C
Elemento di novità nell’area destinata a necropoli è rappresentato dal rinvenimento di un asse viario con andamento E-O e un ingombro in larghezza di 2.50m circa.
In attesa di uno studio approfondito dei dati di scavo è lecito formulare più ipotesi di lavoro: che la strada sia pertinente alla necropoli o che testimoni invece una diversa destinazione d’uso dell’area in un diverso contesto cronologico, come lasciano presupporre i numerosi frammenti ceramici e altri piani di frequentazione individuati nel corso dello scavo.
Dopo questa prima e circoscritta esperienza, per il futuro, l’Amministrazione Comunale di Decollatura auspica di poter disporre di un contributo finanziario congruo per poter continuare in maniera maggiormente incisiva sulla via della ricerca intrapresa, cercando, altresì, di gratificare il lavoro intellettuale e fisico di tutte le forze impiegate in questo importante lavoro di ricostruzione dell’identità territoriale.
Ginevra Gaglianese e Paola Vivacqua
Il quotidiano «La Gazzetta del Sud» il 2 novembre ha pubblicato un bell’articolo a firma di Santino Pascuzzi, presente alla conferenza stampa e sempre attento alle iniziative culturali del territorio. L’articolo ha avuto un grande riscontro tra i lettori anche perchè è stato lanciato con una vistosa e — forse — beneaugurale civetta (=locandina pubblicitaria di un quotidiano appeso fuori dalle edicole con un titolo di richiamo):
Gazzetta del Sud 2 novembre 2013
Questo era invece l’articolo pubblicato l’8 ottobre, alla vigilia dell’inizio degli scavi, quando ancora non si sapeva cosa sarebbe successo:
Gazzetta del Sud 9 ottobre 2013
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