Cari amici, il 4 agosto 2022 alle ore 16.30 in località Monaco presso la sala convegni del Centro visita “Antonio Garcea “ di Villaggio Mancuso (Taverna) presenterò il volume del prof. Franco Emilio Carlino “Storia di un Territorio. Il Reventonio-Savuto” edito da Pellegrini.

Il libro è una serie di quadri storici su 27 borghi del comprensorio Reventino/Savuto in cui l’Autore prende in esame l’origine, l’evoluzione, le caratteristiche ambientali di tutti i borghi, corredando il volume con le splendide fotografie di Mario Migliarese. Il prof. Carlino mi ha dato il grande onore di affidarmi la presentazione del volume, compito che spero di adempiere nel migliore dei modi. Vi aspettiamo numerosi.

Locandina
libro

AGGIORNAMENTO

Quelle che seguono sono alcune immagini (dal profilo FB di Franco Emilio Carlino) della manifestazione.

Presentazione

QUESTO E’ IL TESTO DEL MIO INTERVENTO

Inizierei con l’assegnare al volume STORIA DI UN TERRITORIO [IL REVENTINO-SAVUTO] una collocazione in un ambito tematico. Quelle possibili sarebbero Storia, Geografia, Antropologia e poi le loro commistioni come Geostoria e Geopolitica. L’Autore, già nelle prime parole dell’introduzione, dichiara un intento antropologico, citando ampiamente la dimensione unificatrice della lingua pressoché uguale nei paesi del territorio esaminato, quindi forse la collocazione più calzante sarebbe quella di un saggio storico-antropologico su un territorio.

Un aspetto piuttosto interessante è quello del territorio oggetto di indagine.

In effetti il binomio Reventino-Savuto per indicare una parte del territorio calabrese, è un’introduzione abbastanza recente e, se vogliamo, anche abbastanza inconsueta data la sua natura ibrida di toponimo montano-fluviale.

Credo che questa particolarità sia stata ereditata dalla denominazione di Comunità montana del Savuto, oggi soppressa come tutte le altre, che poi si è trasmessa al Progetto Aree interne   che ha trovato riscontro in percorsi politico-amministrativi come il progetto di Valorizzazione delle Aree interne (2015). In questo progetto sono stati coinvolti 14 comuni: Bianchi, Carpanzano, Colosimi, Panettieri, Parenti, Pedivigliano, Scigliano (in provincia di Cosenza); Carlopoli, Cicala, Conflenti, Decollatura, Motta Santa Lucia, Serrastretta, Soveria Mannelli (in provincia di Catanzaro). Anche altri progetti di collaborazione tra istituzioni scolastiche, fino a ipotizzare anche qualche fusione, aveva avuto questa denominazione.

Non so se siano state queste sollecitazioni a far porre l’attenzione di Franco Emilio Carlino su questo territorio. Forse hanno avuto un ruolo, ma marginale, mentre credo invece che sia stata la scoperta del fattore antropologico ad avergli fatto da stimolo. Lo dice egli stesso nell’introduzione quando racconta di essere stato colpito dalla “scoperta” condivisa dagli amici Migliarese e Talarico della comune origine sciglianese dei loro comuni di origine, vale a dire Mandatoriccio e Petronà.

Questa è forse la chiave di lettura più corretta sull’origine di questo lavoro. Gruppi di persone che si sono incontrate per discutere di poeti e poesie, di dialetto, di valorizzazione della cultura materiale e immateriale, hanno portato alla nascita di gruppi facebook di appassionati di genealogia, di tradizioni, di dialetto, insomma di tutto ciò che Franco ha messo in questo suo libro. Per chi conosce abbastanza bene i dialetti e le parlate dei vari paesi, è abbastanza agevole riconoscere origini e collegamenti tra paesi altrimenti insospettabili. Quando parlo al telefono con Franco, mi sembra proprio di parlare con uno sciglianese doc; quando parlo con uno di Petronà capisco che le nostre parlate sono simili a dispetto della distanza che ci separa.

La lingua, dunque, e le tradizioni sono il legame che ci uniscono. Seguendone le analogie e le differenze si scoprono storie comuni dimenticate. Dico dimenticate perché uno dei vizi dei calabresi è quello di dimenticare. Nel corso delle mie ricerche sulla storia di Decollatura – in particolare riguardo al periodo dell’occupazione francese del 1806 – ho trovato uno scritto di un autore francese il quale, avendo visitato i luoghi della Calabria in cui si erano svolti gli episodi più significativi di rivolta contro l’occupazione, si è molto meravigliato della totale assenza di lapidi e monumenti a memoria di quei fatti. Lo stesso potremmo dire dell’assenza della memoria sui fatti del Risorgimento o, ancora, sul contributo dei partigiani calabresi alla Lotta di Liberazione, completamente dimenticati da tutti, ma il discorso ci porterebbe molto lontano. È questa assenza di memoria che rende difficile la ricostruzione di fatti neanche troppo lontani e ci condanna a percepire le nostre comunità a un livello inferiore a quello che invece meriterebbero.

Veniamo adesso a un’analisi della struttura del lavoro di Franco Carlino. Il libro è articolato in quelli che potremmo definire 27 quadri storici, ciascuno dei quali è focalizzato su un comune o, in alcuni casi, su un’entità trasversale che prescinde dalle divisioni territoriali. Come per i quadri, c’è un titolo che ne esplicita la chiave di lettura da parte dell’Autore. Per esempio cito:

  • Decollatura. un’incantevole realtà calabrese della Sila posta alle pendici del monte Reventino
  • Dalla vetusta ‘Porchia’ alla moderna Motta Santa Lucia
  • Scigliano. Dall’antica ‘Sturni’ a città regia

ma anche

  • L’abbazia di Corazzo e il carisma dell’abate Gioacchino

e così via.

Il modello dell’esposizione cui sembra ispirarsi l’Autore, è quello dei grandi libri di divulgazione geografica editi dal Seicento all’Ottocento, dai quali trae e cita molto materiale. Questo è un punto molto importante da evidenziare. La struttura di quelle opere, così come quella del Nostro, non è quella tipica di un libro di viaggi con indicazioni di percorrenze e di luoghi dove mangiare o dormire, sperimentati e consigliati. Franco non ha in mente questo schema. Egli ha attinto a una bibliografia e sitografia molto articolate lasciando ai rispettivi autori, sempre rigorosamente indicati, la responsabilità della corrispondenza dei dati alla realtà.

Ad esempio quando dice che a Sersale

In una località detta Grippa, zampilla una sorgente d’acqua minerale: è questa sulfureo ferruginosa; ha la temperatura dell’aria ambiente, e si prende in bevanda. Viene consigliata nei casi di dispepsia e di gastralgia.

le proprietà curative di quell’acqua sono sostenute da Amato Amati nel suo Dizionario Corografico del 1868, a nulla valendo quindi le rimostranze per mancata efficacia nei confronti di Carlino.

Il fatto di trattarsi di un’opera basata essenzialmente sulle fonti ha due implicazioni.

La prima è che non si può pensare di utilizzarne i contenuti come prova dirimente su questa o quella faccenda dibattuta degli storici locali. Non è questo che ha inteso fare il prof. Carlino. Il suo scopo è stato quello di mettere insieme e presentare le diverse realtà così come le hanno collocate le opere precedenti.

La seconda è legata alla prima. Se le risultanze del meticoloso lavoro di sintesi fatto da Carlino sulle fonti lasciano scontento qualcuno, vuol dire che è costui che deve ancora lavorare per far emergere la sua versione dei fatti. Dovrebbe invece, costui, ringraziarlo per aver svolto il ruolo di cartina al tornasole, di saggiatore: se qualcosa non li convince, bisogna che LORO si mettano al lavoro!

         Il volume è invece utile, per non dire indispensabile, per trovare raccolte insieme le “biografie” essenziali di tanti luoghi che altrimenti sarebbe assai difficoltoso, lungo e dispendioso (di tempo e denaro) acquisire direttamente attraverso specifiche ricerche.

Allo stesso tempo, pur non essendo, come già detto, un libro di viaggi, il suo contenuto può essere vantaggiosamente utilizzato per una “rapida” preparazione culturale alla visita dei vari luoghi, rinviando a un secondo momento gli approfondimenti e la scelta delle strutture per una ristoratrice pausa gastronomica.

Naturalmente Carlino dà la sua chiave di lettura dei territori. Proprio perché si tratta di “quadri”, ha dovuto per forza scegliere cosa far entrare nella scena e cosa tenere fuori, cosa scegliere come titolo del quadro stesso e cosa escludere. Ma questo è proprio ciò che distingue un autore da un altro, è ciò che ce ne fa apprezzare lo stile ed eventualmente decidere di seguirlo nelle sue successive fatiche. 

Torniamo alla struttura del volume. È molto bella l’idea di datare ognuno di quelli che ho chiamato “quadri” con il luogo e la data di esecuzione. L’ordine dell’inserimento dei capitoli nel volume segue proprio la date scrittura, tranne un paio di casi, forse per ragioni di impaginazione. Il primo è datato 24 giugno 2018 a Rossano, proprio mentre si preparava la Festa della mietitura del grano di quell’anno, coincidenza forse non casuale, ma le date vanno dal 16 giugno al 7 ottobre del 2018.

         L’organizzazione del testo per ogni scheda segue uno schema abbastanza regolare e sistematico. Si inizia con i riferimenti alle origini dei luoghi, o meglio, alle prime tracce che se ne trovano nelle opere degli autori più rappresentativi, sempre puntualmente indicati. Vengono fornite indicazioni sul numero degli abitanti e sul loro appellativo, sull’estensione del territorio, ecc.

Si prosegue con la descrizione della struttura e l’articolazione dei nuclei abitati che compongono il comune, sui principali edifici religiosi e civili, sulle risorse economiche, sulle vicende amministrative che ne hanno determinato l‘assetto. Ne sortisce un mix molto equilibrato e gradevole tra il linguaggio classico dei brani degli antichi autori, cucito e raccordato con le parole dell’Autore stesso in maniera mirabile.

         Per avviarmi alla conclusione, voglio parlare adesso di qualcosa di cui raramente si parla in occasione delle presentazioni di libri. Invece qui voglio proprio soffermarmi sulle qualità della scrittura e del libro come prodotto editoriale.

         Ho molto apprezzato lo stile narrativo di Franco Carlino. Mi piace il suo uso delle frasi piuttosto brevi, l’efficace uso delle incisive, la precisione nell’uso del corsivo, i link a pagine internet sempre funzionanti. Oltre a ciò è doveroso sottolineare la poderosa sezione bibliografica che si sviluppa sia nei puntuali riferimenti nelle note a piè di pagina sia nelle pagine finali dove il lettore può trovare le indicazioni per eventuali approfondimenti. La sitografia contiene i link alle pagine internet consultate dall’Autore, ormai a tutti gli effetti da considerare un ‘estensione obbligatoria della bibliografia.

Tre sono gli indici inclusi da Carlino nel suo lavoro.

Il primo è l’Indice dei nomi. Non è un semplice elenco di nomi con l’elenco dei numeri delle pagine in cui si possono trovare, ma un vero e proprio indice ragionato, con la specificazione che segue il nome e che suggerisce al lettore se quelle pagine sono effettivamente di suo interesse. Fra queste parole chiave troviamo antica popolazione, papa, poeta, successore ai Sanseverino nella gestione feudale, nome di famiglia, casato, cognome, ecc. ma anche “Dio, essere supremo”.

Il secondo è INDICE DEI LUOGHI, ARCHIVI, CHIESE, PALAZZI, MONUMENTI, ISTITUZIONI, ETC CON ALCUNE VOCI ORDINATE ANCHE PER CATEGORIA. Qui si trovano raggruppati i toponimi, i nomi dei villaggi, dei corsi d’acqua, dei monti, ecc.

Il terzo è l’ INDICE DELLE COSE NOTABILI PER ALCUNE VOCI STRUTTURATO ANCHE PER CATEGORIA. Si tratta di qualcosa di intermedio tra un glossario e una mini-enciclopedia dove il lettore che non è molto pratico dei termini usati nei libri di storia, può trovare un aiuto per comprendere appieno il significato di quello che legge.

Può capire, per esempio che Portulania o portolania significa  ufficio e funzioni del portulano nelle province  napoletane, riscossione del dazio

 oppure Decurionato, gruppo di persone preposte all’amministrazione del comune.

Infine voglio parlare del materiale fotografico. Le immagini in un volume di queste dimensioni, creano spesso dei problemi agli autori e agli editori. Se, per contenere le dimensioni del volume e, di conseguenza i costi, si utilizzano foto con piccolo formato, diventano praticamente inutili e persino fastidiose. Questo per non parlare della difficile convivenza fra testo e immagini con allineamenti di fantasia, dovuti alla capricciosità del programma Word con cui quasi sempre lavorano gli autori.

D’altra parte, l’utilizzo del formato a pagina intera, avrebbe aumentato le dimensioni del volume e reso difficile la lettura di un saggio come questo in cui sono presenti citazioni, riferimenti, date che non è agevole distribuire in più pagine. Carlino ha trovato il giusto equilibrio, probabilmente anche grazie alla sapiente regia di una grande casa editrice come Pellegrini che sa come regolarsi in questi casi.

Abbiamo molte immagini a pagina intera, spesso anche nella posizione più prestigiosa di destra, ma anche tante a tre quarti di pagina dove contribuiscono moltissimo a rendere l’atmosfera dei luoghi di cui si parla.

E veniamo alla qualità delle immagini che si devono a Mario Migliarese, la persona che insieme a Francesco Talarico, come già detto, lo hanno stimolato a intraprendere il cammino che è sfociato nella pubblicazione che oggi presentiamo.

Mario è una persona che ho conosciuto qualche anno fa in occasione di eventi riguardanti la poesia di Michele Pane e che poi ho ritrovato in altre situazioni che toccano trasversalmente i nostri territori. È una vera forza della natura, instancabile animatore di tutte le possibili attività culturali. Scrive, canta, recita, compone musica e canzoni, organizza escursioni ma non sapevo che fosse un fotografo così ispirato. Dirò di più. Nella sua nota sulla fotografia presente nel libro, parla di tante cose ma non della sua vena di fotografo, forse perché ritenuta capace di spiegarsi da sola in quanto assorbita dal suo amore per le cose che riprende. E invece osservando quelle foto mi colpisce la sua capacità di creare immagini senza tempo, anzi col tempo sospeso. Non ci sono persone, tranne in un caso in cui non deve essere riuscito a evitarlo. Non ci sono persone, animali o cose, non ci sono automobili (tranne un caso, ma moto distanti), non si percepisce la presenza invasiva di parabole, fili elettrici, motocarri degli ambulanti e così via.

Si comprende a stento – per esempio osservando la presenza di alcuni elementi di arredo urbano – che non si tratta di foto antiche ma è quasi come se, attraverso la pulizia compositiva della foto e la scelta attenta dell’inquadratura, fossero in grado di risucchiasse verso il passato anche gli elementi attuali, producendo paesaggi senza tempo.

Migliarese non ricorre alla grottesca  presenza di barili, pacchiane, pecorai con le cioce o, peggio ancora, dei briganti col cappello alla calabrese e il fucile a trombone, l’arrotino, le tovaglie a scacchi, tutte cose che dovremmo tutti respingere non riconoscendoci nel calabrese pittoresco e forse un po’ anche mezzo brigante che troppo spesso ci autocondanniamo a rappresentare.

In conclusione, un ringraziamento a Franco Emilio Carlino, per un’opera così interessante e utile per farci conoscere meglio l’uno con l’altro e riunire quello che i terremoti, il bisogno, l’economia e la voglia di scoprire nuovi orizzonti, ha separato.

© Giuseppe Musolino 2022


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È stata pubblicata ieri 30 marzo la soluzione del problema I giardini di marzo. Ogni mese la prestigiosa rivista scientifica Le Scienze presenta un problema invitando i lettori a inviare le soluzioni che saranno pubblicate nel numero successivo e anche sul blog curato dai cosiddetti Rudi Matematici, i tre auotori che rispondono ai nomi di Rudy d’Alembert, Alice Riddle e Piotr Rezierovic Silverbrahms.

Il quesito del mese di marzo 2022 è centrato sulla geometria dei triangoli e può essere così riassunto:

All’interno di un triangolo, si sceglie un punto P arbitrario. Da questo si tracciano le perpendicolari ai tre lati del triangolo. I piedi delle perpendicolari individuano tre punti sui lati definendo un altro triangolo, dal quale si ripete la stessa costruzione dal punto P. Ci si ferma quando si ottiene un triangolo simile all’originale.
Dimostrare che questo è sempre possibile.

I giardini di marzo

La soluzione che ho inviato è stata pubblicata come potete leggere andando alla pagina dei Rudi Matematici  (LINK).

triangoli pedali

Sono diversi anni che le mie soluzioni sono pubblicate da Le Scienze e, diciamolo, riscuotono sempre un certo apprezzamento come potrete verificare visitando alcune delle pagine d’archivio a QUESTO LINK. Non compaiono tutte le mie soluzioni perchè, come in questo numero, i solutori vengono indicati col nome senza cognome (da tempo sono indicato solo come Giuseppe).

La soluzione completa potete leggerla in QUESTO pdf oppure direttamente dal sito di Le Scienze in cui è presente (l’unico caso!) il link con lo stesso file.

Perchè invio le soluzioni, esponendomi al rischio di qualche clamoroso “infortunio” che poi magari sarebbe pubblicato? Perchè la passione per la scienza e la matematica non cessano con la vita lavorativa ma continuano per sempre, almeno fino a quando si prova emozione nel misurarsi con le cose vere, quelle in cui non si decreta se si ha ragione per alzata di mano!


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Chi segue i miei post sa che qualche settimana fa ho pubblicato una pagina che ho chiamato «Bibliotecaonline» allo scopo di riunire in una biblioteca virtuale tutte le opere scritte da autori di Decollatura (libri e articoli di approfondimento) o aventi come argomento Decollatura. Ebbene, una delle scoperte  — se così si può dire — più interessanti, oltre al sorprendentemente grande numero di “pezzi” fin qui censiti, è la ricorrente presenza del nome della nostra bellissima, celebrata e invidiata Montagna del Reventino nelle pubblicazioni.

La prima, in ordine di tempo, che ha avuto questo nome è stata la rivista settimanale fondata dall’avvocato Rosalbino Cerra (Decollatura 1863-1950) riportante la testata Il Reventino.

il Reventino 1904

Il primo numero, qui sopra riprodotto, uscì il 16 marzo 1904 sebbene il debutto (come si può leggere nell’apertura) fosse previsto per il primo giorno del mese. I caratteri scelti per la testata hanno un vago sapore western ma dopo l’uscita di diversi numeri furono cambiati.

lettera

L’avvocato Rosalbino Cerra aveva iniziato molto presto la sua carriera di giornalista, quando ancora era studente liceale a Napoli. Qui nel 1888 entrò nella schiera dei giornalisti assumendo la direzione di «Parva favilla», periodico scientifico-letterario-artistico stampato nella tipografia di Michele Gambella. Dopo la laurea il legge a pieni voti presso l’Università di Messina e il rientro a Decollatura, la passione per la cultura e la politica lo spinsero a fondare un nuovo periodico al quale diede il nome dell’elemento caratterizzante la vita e la storia di Decollatura.

Il Reventino  aveva un chiaro respiro comprensoriale, regionale se vogliamo, come si deduce dai corrispondenti da molti paesi calabresi ma anche da Napoli da dove giungevano le cronache degli spettacoli tenuti nei principali teatri cittadini. Poi c’erano l’angolo della poesia, la rubrica di grafologia, la corrispondenze sui fatti di cronaca, la piccola posta dei lettori, l’enigmistica, e c’era anche la pubblicità, vera chicca di cui qui di seguito pubblico un esempio.

pubblicità

Una delle pagine più belle e in sintonia col titolo della testata e delle leggende che da sempre a Decollatura circolano sulla relazione tra le fate e il Monte Reventino, è apparsa nel n. 5 del 9 maggio 1904. Quello che pubblico qui di seguito è l’incipit dell’articolo ma credo che presto lo pubblicherò integralmente perchè so di molte persone interessate a questa leggenda e così potremo leggerne una versione molto autorevole, non solo per la fonte ma anche per i 117 anni che porta sulle spalle.

Le fate

«Il Reventino» fu pubblicato ininterrottamente fino all’avvento del fascismo, ma l’ultimo numero che ho potuto visionare direttamente è del 1910.
Torniamo ora al tema di questo post. Dopo la sospensione delle pubblicazioni del settimanale Il Reventino avvenuta negli anni Venti, per un po’ (salvo scoperte ancora da fare) il Monte scomparve dalle testate delle pubblicazioni, facendovi ritorno però nel 1971. In quell’anno, a settembre, a Decollatura fu pubblicato un numero unico ciclostilato dal titolo Il Reventino ad opera di un gruppo di giovani intellettuali decollaturesi (a questo LINK maggiori dettagli).

Il Reventino 1971

La Presentazione fu affidata a Mario Gallo — futuro saggista storico, docente e dirigente scolastico — il quale rivendicava nel testo il legame di continuità con l’antica pubblicazione, come si può leggere in questo breve estratto:

Presentazione

Il nome del Monte Reventino non ha cessato di ispirare gli autori, come vediamo in quest’altra pubblicazione del 2017 del compianto Nicola Esposito. L’Autore già in precedenza aveva pubblicato altri articoli, in particolare uno dal titolo “Storia di un’iniziativa” sul numero unico «La Tribuna del Reventino», fascicolo del 1970 o 1971 che non sono riuscito a reperire, ma che cito a riprova dell’ininterrotto connubio tra scrittori decollaturesi e la grande montagna. E se proprio vogliamo approfondire, in quell’articolo Esposito parlava dell’iniziativa della nascita del più grande, per non dire unico, esperimento di cooperazione tra produttori agricoli del comprensorio, che doveva sfociare nella nascita di una cooperativa per la produzione e commercializzazione delle patate a cui fatalmente fu dato il nome di Cooperativa Reventinia.

Ma non finisce qui perchè Reventino ha avuto in Decollatura altri numerosi utilizzi nei nomi di imprese ed enti: la gloriosa Tipografia Grafica Reventino, il Moto Club Reventino, Radio Reventino 101 fondata da Mario Perri nel 1976 e oggi sul web, l’officina Autoreventina, il Bar Reventino, l’UCCP del Reventino, il CSM del Reventino, l’Associazione NERS (Nucleo emergenze Reventino-Savuto), l’Associazione Discovering Reventino, l’ANPI Reventino,  il sindacato SPI CGIL – Lega del Reventino,  il Gruppo Quad Falchi del Reventino, il Comitato agricoltori Reventino, per non parlare di tutti i gruppi Facebook che  hanno Reventino nel loro nome e dei quali non è evidente altro riferimento territoriale.  

Radio Reventino

Home page del sito reventino.com

Che cosa sta accadendo? Perché questo toponimo così poco studiato (non dovrei dirlo io ma l’unico studio etimologico attualmente esistente è quello che ho pubblicato nel saggio Decollatura. Volume I) ha avuto un’impennata così vistosa — specialmente negli ultimissimi anni — fagocitando, assorbendo e facendoli scomparire tutti i riferimenti territoriali che appaiono ormai come non politicamente corretti

montidelreventino

La retorica del “fare rete“, “uniti si ottiene“, “la forza sta nell’insieme” e altre amenità del genere, non mi convince. Chiunque analizzi con un po’ di profondità il fenomeno, si rende conto che la “contesa del toponimo“, la strategia di impossessarsi (emotivamente, si intende) di un nome, di un concetto, di un prodotto enogastronomico di eccellenza, in definitiva di una fetta o forse anche di un’intera secolare cultura, è in pieno svolgimento e molti sono quelli che si “consegnano spontaneamente” senza opporre resistenza. Di solito, in lingua italiana, la sineddoche prevede l’uso di una parte per il tutto. Qui sta accadendo il fenomeno opposto: si usa “il tutto“, cioè “Reventino“, al posto della parte. Ma già, qual è questa parte? Per capirlo bisogna usare la vecchia tecnica del «cui prodest?» vale a dire “a chi giova?“. Se ancora non ne veniamo a capo, guardiamo chi danneggia. Non solo il glorioso nome della nostra identità in uso documentato da mille anni non viene più utilizzato da nessun soggetto pubblico o privato nella propria ragione sociale, ma anche l’umile venditore che potevamo incontrare fino a qualche anno fa lungo le strade del lametino per qualificare come di prima qualità il sacchetto di tuberi da 3 kg che proponeva ai clienti, ha definitivamente sostituito la provenienza “di Decollatura” con quello di “silane“. A un amico che mi faceva notare come, secondo lui, quel prodotto non fosse effettivamente di Decollatura, io risposi che probabilmente, anzi sicuramente, aveva ragione ma proprio quella era la nostra forza: finché di un prodotto esiste il falso, l’originale mantiene ancora alto il suo valore.

Cooperativa Reventinia

Concludo parafrasando la mitica scritta che compariva su un muro vicino al vecchio campo sportivo vicino Piazza della Vittoria dico «Riviva la Decollatura dei vostri Padri» e con essa la patata di Decollatura, la soppressata di Decollatura, il fagiolo Monachella di Decollatura, le Fiere di Decollatura, i poeti di Decollatura, i boschi di Decollatura, la lingua di Decollatura, le associazioni di Decollatura, i patrioti di Decollatura, gli alberi monumentali di Decollatura, la Ferrovia di Decollatura, gli svincoli stradali di Decollatura e tanto altro che evito di aggiungere.

Sì alle collaborazioni amicali, porte aperte e pieno sostegno anche nel promuovere e valorizzare le identità altre, ma fare come quel (quasi) volatile che aiuta ad accumulare legna per il forno in vista del Thanksgiving Day, quello — vi prego — proprio no!

© Giuseppe Musolino 2022


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