Incontro con Francesco Bevilacqua
Scritto da Giuseppe Musolino il Giu 9, 2014 | 0 commentsSi è svolto il 22 maggio 2014 presso il Liceo Scientifico «Luigi Costanzo» di Decollatura l’incontro con Francesco Bevilacqua, autore di numerose pubblicazioni sul tema delle bellezze naturalistiche della Calabria e sulla loro valorizzazione. Il titolo dato all’incontro «Cammino, penso quindi racconto…» annunciava chiaramente il contenuto della conversazione e anche la chiave di lettura dell’opera di Bevilacqua.
L’incontro, promosso dal Dirigente Scolastico dott.ssa Patrizia Costanzo in collaborazione con la casa editrice Rubbettino, ha visto la partecipazione di un folto pubblico di studenti, docenti e cittadini e l’intervento del Sindaco di Decollatura dott.ssa Anna Maria Cardamone.
Dopo il saluto del Dirigente e del Sindaco ho svolto l’intervento di presentazione di Francesco Bevilacqua e della sua ultima opera Sulle tracce di Norman Douglas. Avventure fra le montagne della vecchia Calabria (Rubbettino, 2012). Il libro è il racconto di una serie di viaggi intrapresi in diverse occasioni da Bevilacqua nella Calabria più profonda e sconosciuta sulle orme del viaggiatore Norman Douglas, un inglese che all’inizio del Novecento scoprì la Calabria e la volle visitare servendosi quasi esclusivamente delle sue gambe.
Nel 1915 uscì a Londra il volume Old Calabria in cui Douglas raccontava le impressioni ricevute viaggiando in una delle ultime regioni selvagge della vecchia Europa. Ne emergeva un quadro allo stesso tempo tragico e struggente di un popolo fiero e nobile ma che non riusciva a comprendere e a proteggere le bellezze uniche che ancora possedeva.
Nel mio intervento ho tracciato un parallelo tra le figure di Douglas e Bevilacqua, tutti e due attratti irresistibilmente dai monti, dai fiumi, dalle tracce lasciate dagli uomini nel corso dei millenni in una regione che meriterebbe migliore fortuna. Quello che segue è il testo del canovaccio seguito nel mio intervento:
Francesco Bevilacqua vive a Lamezia Terme dove è nato nel 1957.
Segue studi classici e si laurea in Giurisprudenza a Firenze. Svolge l’attività di avvocato nella stessa Lamezia Terme.
Subito dopo la laurea, forse anche per la residenza per qualche anno fuori regione, inizia ad interessarsi al sociale a all’ambiente delle Calabria in cui è tornato a vivere.
Con Italia Nostra e il WWF negli anni ’80 partecipa alle prime iniziative sul tema ambientale che si orienteranno soprattutto nella pressante richiesta dell’istituzione dei Parchi naturali in Calabria per contrastare il degrado e gli scempi che dovunque avanzavano.
Aderisce al CAI, al FAI, è attivo nel Touring Club Italiano, insomma a ogni organizzazione che abbia come scopo la scoperta, la valorizzazione e la tutela del paesaggio e della cultura antropologica degli uomini che lo abitano.
La strada che ha scelto è quella operativa. Non un “ecologista” delle tavole rotonde e dei salotti ma uno che la campagna la batte veramente in prima persona, scoprendo e percorrendo sentieri, frugando nei boschi più inaccessibili, scalando letteralmente le montagne calabresi che, sebbene non alte quanto quelle alpine, sanno essere altrettanto severe con chi sbaglia.
Dai suoi 32000 chilometri di cammino a piedi, ci rimangono racconti e immagini che ha divulgato attraverso la pubblicazione di moltissime opere sia sulle più prestigiose riviste (Bell’Italia, Airone, Rivista CAI, ecc.) sia nei 17 saggi sulla Calabria e la sua natura.
Collabora con la casa editrice Rubbettino, tiene conferenze, insegna in corsi di aggiornamento, partecipa ad attività istituzionali, ha collaborato con la RAI per la produzione di documentari. E poi pratica lo sci di fondo, l’alpinismo e, ovviamente, il trekking. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per la sua attività di scrittore e di ambientalista.
È sposato con figli e, in fondo, è una persona come noi.
Non può bere molti caffè, fa un’alimentazione salutista ma, come noi, non può passare dritto davanti a una bella tavoletta di cioccolata che solo lui sa dov’è perché è lui che l’ha nascosta lì!
«OLD CALABRIA»
L’ultimo libro di Francesco Bevilacqua è «Sulle tracce di Norman Douglas. Avventure fra le montagne della Vecchia Calabria», Rubbettino, 2012.
È il resoconto di una serie di escursioni fatte da Bevilacqua attraverso la Calabria ripercorrendo lo stesso itinerario che all’inizio del ‘900 aveva fatto un viaggiatore inglese di nome Norman Douglas.
«Sulle tracce di Norman Douglas» inizia proprio presentandoci l’opera «Old Calabria» uscita nel 1915 per opera dello scrittore Norman Douglas.
Fu forse proprio l’incontro con questo volumetto, acquistato in una libreria di Firenze dove studiava, che iniziò Francesco Bevilacqua a un mondo che se non ci fosse stato quell’incontro, forse, non avrebbe mai conosciuto. Lo dice l’autore stesso quando parla di quel volume che dopo trent’anni, ancora tocca e legge, legge e rilegge fino a consumarlo.
Il volume scritto da Norman Douglas è uno dei libri di viaggio fra i più letti e longevi. Si inserisce nel filone delle opere pubblicate da viaggiatori stranieri che percorrevano l’Italia alla ricerca delle forti sensazioni nelle regioni più primitive e selvagge.
«Old Calabria» fu pubblicato per la prima volta a Londra nel febbraio 1915 in 1000 esemplari dall’editore Martin Secker e poi in altri 1000 esemplari nel marzo 1920.
Douglas era nato in Austria nel 1868 da padre scozzese ma la sua vita si svolse in Inghilterra prima e poi in Germania. Studiò biologia, scienze naturali, studiò le lingue classiche e quelle moderne, entrambe molto utili per la sua futura vita di viaggiatore.
Era irresistibilmente attratto dall’Italia, specialmente Napoli e le sue isole. Fu un diplomatico per alcuni anni ma ben presto lasciò per vivere unicamente dedicandosi ai viaggi e alla scrittura. Sposato, ebbe due figli ma il matrimonio non durò molto.
Le rendite delle proprietà di famiglia gli consentirono di vivere senza problemi e allora si trasferì a Capri, che fu dove fissò la sua dimora definitiva, pur alternandovi la residenza con altri posti. Passò il resto della vita tra viaggi, attività benefiche (raccolta fondi per il terremoto in Calabria, riforestazione di Capri, ecc.), avventure sentimentali, pubblicazione di opere. Col passare del tempo la sua situazione economica cominciò a vacillare ma fu sostenuto dagli amici italiani e inglesi che non gli fecero mancare l’aiuto, specie quando la salute cominciò seriamente a cedere. Morì a capri nel 1952.
In «Old Calabria» descrive il suo viaggio attraverso la regione – che visitò molte volte – allora ancora quasi tutta selvaggia, cercando gli angoli più nascosti e arrampicandosi per sentieri impossibili. Nelle sue parole si indovina in più di un’occasione la sua mentalità reazionaria nei confronti della gente calabrese che gli si presentava sporca e brutta, senza trascurare però di ricordare la bellezza delle donne.
A Bevilacqua naturalmente non sfugge questo aspetto di Douglas ma, dice in nostro autore, che «sapeva cogliere dietro l’arretratezza, l’immobilismo, lo sfasciume sociale di quella terra, un’intima, struggente bellezza».
Bevilacqua sceglie di ripercorrere l’itinerario di Douglas perché il loro modo di viaggiare è uguale. Entrambi preferiscono la fatica, il passaggio ravvicinato con il terreno, la strada, gli alberi, insomma tutto quello che riescono a vedere i viaggiatori che si muovono con le loro gambe.
La fatica fisica è il viaggio per Bevilacqua. Senza sudare, senza il gelo che ne segue, senza sentire la pioggia che bagna e inzuppa tutti i vestiti, non è viaggiare. Non si può dire che si conosce un luogo se non si è stati inzuppati dalla sua pioggia, se non si è rimasti bloccati da una frana della sua terra, se non si è guadato il suo fiume con l’acqua fino al collo. Perché il viaggiare, dice l’autore, «è la ricerca dei luoghi delle mie radici, della mia anima, della mia identità.»
Lui ha naturalmente un fuoristrada, ma a dispetto del nome, lo usa solo per andare in strada perché poi, fuori strada, ci va a piedi.
E a proposito di “comodità” il Nostro chiarisce che dal suo amore per la Calabria non ha inteso ricavarne vantaggi. Anche quando, in seguito ai successi delle sue iniziative, gli venivano offerti posti di un certo interesse, candidature e altre prebende che molti avrebbero trovato interessanti, lui ha declinato le offerte. Nel fare bene il suo lavoro, nel cercare di fare del bene alla propria terra e, soprattutto, nell’essere un buon padre, ha trovato la sua gratificazione. Ma torniamo al libro.
L’Autore segue un doppio binario. Mentre descrive percorsi e racconta aneddoti che sono poi in molti casi esperienze di vita, anche drammatiche, ripropone il parallelo con il viaggio fatto un secolo prima da Norman Douglas, quasi come se sperasse di incontrarne in qualche punto qualche traccia da lui lasciata o, almeno, immaginare di rivivere le sensazioni che il paesaggio, nei luoghi più impervi rimasto inalterato, potevano provocare sull’inglese.
Molte sono le buone letture di Bevilacqua che emergono in tutto il libro. Oltre alla letteratura degli alpinisti e viaggiatori estremi, non ha tralasciato di leggere i maggiori intellettuali che hanno parlato del viaggio e, in definitiva, dell’uomo.
Ed ecco che di questi autori ci propone delle citazioni che raramente ho trovato così pertinenti e calzanti per aiutare l’autore a esprimere con le parole che in quel momento gli mancano il concetto che voleva. Moltissime sarebbero le citazioni da ricordare. Per esempio la geniale intuizione di Vito Teti, uno dei maggiori antropologi calabresi, che conia il termine di «narrabondi stanziali»
Subito dopo la mia presentazione è intervenuto Francesco Bevilacqua che ha proiettato un bellissimo filmato con le immagini dei momenti più belli delle sue infinite esplorazioni calabresi e lucane sul Pollino, l’Aspromonte e la Sila. Ha poi svolto un ampio intervento in cui ha esposto il suo pensiero sul paesaggio e sulla memoria che abbiamo perso dei luoghi fino a pochi anni fa familiari a tutti gli abitanti. Molti gli episodi che ha raccontato e che si possono leggere nel suo ultimo libro: dai momenti più difficili vissuti nel corso delle camminate fino agli incontri con gli elementi più belli del paesaggio calabrese come le gole tra le montagne, le cascate, la fauna selvatica.
Un particolare appello ha rivolto ai giovani ed è quello di non dimenticare i nomi dei luoghi perchè in essi si ritrovano tracce di un passato che non si può sacrificare in nome di un’illusoria modernità. Sono seguiti poi gli interventi degli studenti e del pubblico che hanno sollecitato l’autore a rispondere alle loro domande.
Per quanto riguarda «Old Calabria», la fondamentale opera di Norman Douglas, vale la pena sfogliare il libro che aggiungo qui di seguito. E’ in inglese e quindi molti avranno difficoltà a leggerlo (ma esistono in commercio molte edizioni in italiano dal titolo “Vecchia Calabria”), ma l’edizione sfogliabile che vi propongo è la prima edizione inglese del 1915 dell’editore Martin Secker. E’ autografata dallo stesso Douglas e contiene alcune bellissime immagini della Calabria, della Puglia e della Basilicata:
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