Presentazione del libro “Sud, vent’anni di solitudine”
Scritto da Giuseppe Musolino il Ago 7, 2016 | 0 commentsSi è svolta ieri nella sala del Museo della Civiltà contadina di Piazza della Vittoria a Decollatura (CZ) la presentazione del libro di Giuseppe Soriero «Sud, vent’anni di solitudine» edito da Donzelli nel 2015. L’evento è parte del programma di manifestazioni estive 2016 promosse dall’Amministrazione Comunale di Decollatura e dalla ProLoco.
Insieme a me era presente il Sindaco di Decollatura Anna Maria Cardamone che, dopo i saluti all’ospite e agli intervenuti, nel dibattito che è seguito, ha proposto alcuni importanti spunti di riflessione.
Ho iniziato con un saluto all’Autore del quale ho ricordato la partecipazione a molti momenti significativi della vita amministrativa e politica di Decollatura, e specialmente in occasione dell’inaugurazione dell’EuroPalasport di Decollatura nel 1997 quando ero amministratore comunale. Ho poi esposto la mia relazione a partire da una breve nota biografica sull’Autore per proseguire poi con un’analisi del contenuto del libro. Sono seguiti l’intervento di Soriero, quello del Sindaco Cardamone e quello del pubblico con cui è iniziato un interessante dialogo.
Nel lasciare la sala, Soriero, che ha affermato di essere rimasto favorevolmente colpito dalla qualità del dibattito, ha dato appuntamento alla prossima occasione per riprendere le tematiche del suo libro e confrontarle con gli sviluppi futuri del quadro economico e politico italiano e internazionale.
Quello che segue è il testo della mia relazione:
PRESENTAZIONE LIBRO DI GIUSEPPE SORIERO
«Sud, vent’anni di solitudine», Edizioni Donzelli, 2015
Decollatura CZ, 6 Agosto 2016
INTRODUZIONE DI ROMANO PRODI
Prodi inizia con una riflessione su un’affermazione che aveva avuto modo di ascoltare tempo fa a proposito della riunificazione della Germania dopo il crollo del muro di Berlino: “Evitare gli errori fatti nel Mezzogiorno italiano”. Molti erano i punti in comune tra la situazione tedesca e quella italiana post 1860. I tedeschi dell’Est, abituati a una politica statalista totalizzante, erano portati a pensare che tutto dovesse essere portato avanti dallo Stato. Come cartina al tornasole si citava l’impossibilità di trovare volontari (insegnanti, ecc.) all’Est, cosa invece facilissima all’Ovest. Mi viene in mente anche da noi quando tanti anni fa si aveva difficoltà a trovare donatori di sangue e di organi mentre oggi la situazione è molto migliorata il che, seguendo la suggestione proposta, dovrebbe essere un segno positivo. Prodi con amarezza afferma che in Germania il gap è stato colmato mentre da noi non è stato ancora possibile. L’altro dato sorprendente, afferma Prodi, si trova nel Porto di Gioia Tauro, uno dei punti centrali dell’analisi di Soriero. Il sito del porto è qualcosa di meraviglioso per la posizione geografica strategica e per le caratteristiche uniche dei fondali che permetterebbero alle più grandi navi del mondo di approdare agevolmente nel porto calabrese. Purtroppo è il sistema che c’è intorno che impedisce la sua definitiva affermazione. E non è solo questione della rete dei trasporti terrestri, che pure è deficitaria, ma l’ambiente e la burocrazia. L’ambiente perché, afferma sorpreso Prodi, si scopre che nessun mezzo pesante con targa diversa da CZ o RC ha mai superato i cancelli del porto. La burocrazia italiana invece impedisce agli investitori stranieri di poter pianificare investimenti avendo certezza dei costi e dei tempi dell’iter burocratico per ottenere le autorizzazioni necessarie.
Stessa situazione nel porto di Taranto, che ha posizione meno felice ma potenzialmente adattabile al transhipment. Chi può dire che un investimento per aumentare la profondità dei fondali non sarà fermato perché “danneggerebbe i pesci canguro o le lumache strane”? Analoga situazione si ritrova per chi volesse investire nel turismo, nella bonifica dell’acciaieria di Taranto, nei rigassificatori: chi potrebbe assicurare una certezza nei tempi e nei costi? In qualsiasi momento potrebbe intervenire un provvedimento capace di mandare tutto all’aria.
Parte I
Non si poteva iniziare un libro sul mancato sviluppo industriale del Sud senza parlare della Cassa per il Mezzogiorno. I testimoni chiamati in causa dall’autore (Gullo, specialmente) ne sottolineano l’impossibilità di portare sviluppo intrinseca nella sua natura di legge speciale. Dopo una prima fase su cui si da un giudizio sostanzialmente positivo, ha preso il sopravvento la sua natura burocratica con “le basi melmose” di un approccio teso a curvare il rapporto tra istituzioni e cittadini.
Sono gli stessi presupposti delle leggi speciali, afferma Soriero, le norme che prevedono un sostanziale svincolo dalle verifiche e controlli ordinari che “sono l’anticamera del cedimento all’illegalità”. Nonostante ciò, durante l’esistenza della Cassa del Mezzogiorno, qualche segno di ripresa ci fu, a partire da un notevole calo della disoccupazione per proseguire verso il miraggio di un’industrializzazione forzata del Mezzogiorno che vide la nascita dell’Alfasud e dei poli di Brindisi e Taranto.
In queste prime pagine Soriero sembra presentare la sequenza dei dati da posizione distaccata e neutrale, ma qua e là emerge qualche prima considerazione critica. Una di queste è rivolta al modello top down, dall’alto della posizione del Governo, verso il basso delle regioni e dei territori. Si assiste così alla nascita delle cosiddette cattedrali nel deserto che diventarono ben presto inutili e obsolete anche perché coincisero con il fenomeno della massiccia emigrazione verso il Nord che nel frattempo, con l’immensa riserva di manodopera meridionale, si dotò di infrastrutture che, alla fine del periodo delle grandi disponibilità economiche, consegnarono quelle regioni al confronto con le aree più sviluppate del nord Europa ai cui standard si erano avvicinate.
Mentre il Sud torna ancora a sperare in un intervento assistenziale, il Nord beneficia di massicci “interventi ordinari” equivalenti nei fatti a interventi di sostegno che in una realtà già sviluppata amplificano a dismisura la percezione di un differenziale di sviluppo.
Anche lo “shock asimmetrico” della crisi finanziaria iniziata nel 1992, cioè la svalutazione monetaria che portò al rilancio delle industrie esportatrici del Nord, portò invece al crollo delle banche meridionali passate sotto il controllo di quelle nazionali, cioè del Nord.
Soriero verifica i conti del parassitismo del Sud con numerose tabelle e schemi. Quello che emerge è che gli interventi straordinari per il Mezzogiorno dal 1951 al 1998 sono stati in media al di sotto dello 0,7 %, e, se vogliamo citare il valore assoluto ragguagliato a euro, si può parlare di circa 3,2 miliardi di euro all’anno per 47 anni. Non è stato l’esborso, afferma l’autore, ad aver danneggiato l’economia nazionale, quanto le inefficienze e la cattiva qualità degli investimenti.
Negli anni Novanta la crisi economica diventa drammatica e le scelte del governo Amato e della Banca Centrale penalizzano, per un effetto perverso dell’economia, ancora una volta il Sud. Soriero ci riporta alla memoria parole e cose che le nostre orecchie avevamo quasi dimenticato ma non i nostri portafogli: la minimum tax, il prelievo sui conti correnti bancari, il blocco delle baby pensioni, la tassa sul medico di famiglia, l’ISI poi ICI, i ticket sanitari, il blocco degli stipendi e delle assunzioni nel pubblico impiego).
Si andò rapidamente verso la fine degli interventi speciali nel Mezzogiorno sancita nel dicembre 1992 quando si pensava che sarebbero stati gli interventi ordinari a sostenerne lo sviluppo.
Parte II
Arrivano gli anni dell’ingresso della Lega Nord nel dibattito sugli interventi del Governo nel Sud. L’affermazione più sorprendente si incontra dopo poche pagine della seconda parte e che Soriero prende da Pino Aprile: “Il Meridione non ha mai prodotto ed esportato quanto nella seconda parte degli anni novanta del Novecento, facendo registrare una delle più interessanti riprese economiche della sua storia”. Soriero paragona la mancanza d’aria quale incentivo insuperabile per imparare a nuotare, alla mancanza di risorse economiche fresche che spinge gli imprenditori ad attivarsi. Si intravedeva nell’integrazione europea e nell’Europa stessa che iniziava a guardare al Sud Italia come a una sua risorsa strategica, l’origine del miracolo meridionale. Non a caso, afferma Soriero, in quegli anni il porto di Gioia Tauro ebbe il suo momento “magico” e nel Master Plan promosso da Prodi al quale diede il suo autorevole contributo l’Autore. Favorevoli circostanze riuscirono a trasformare le conseguenze della crisi economica internazionale e della crisi politica italiana. La svalutazione della lira consentì un miglioramento delle esportazioni, anche degli operatori meridionali, e il ricambio politico a seguito dell’operazione Mani pulite aveva creato un certo miglioramento nella classe politica, riassunto nell’espressione “capitale sociale”.
È con queste premesse che l’Italia approda all’Euro e arriva la grande stagione dei Fondi Strutturali Europei. La deludente prova che questo strumento ha dato nel rilancio del Meridione si può trovare nella sottile distinzione che intercorre tra far arrivare soldi al Sud e i veri beneficiari che in ultima analisi ne traggono vantaggio. Dietro questa considerazione è facile riconoscere che in definitiva gli unici soggetti ad avvantaggiarsi di questo enorme flusso di danaro siano state le industrie del Nord fornitrici della maggior parte dei beni acquistati nella realizzazione degli interventi nel Sud e anche delle loro grandi imprese.
In questo periodo si intreccia la tematica delle rivendicazioni del Nord, con le recriminazioni del Sud, di cui Soriero traccia una documentata storia con le varie posizioni di tutti i soggetti coinvolti e degli osservatori, e in tutti trova spunti di riflessione capaci di sorprendere il lettore che pensi di trovarsi davanti a un autore fazioso e palesemente di parte come il dibattito televisivo ci ha, ahimè, abituati a vedere. Questo non vuol dire che Soriero non indichi, ad esempio, nella condizione oggettivamente subalterna alla Lega dei Governi Berlusconi, il montare delle posizioni antimeridionaliste, che portarono, ad esempio, al tormentone del federalismo fiscale con cui si intendeva inchiodare alla pretesa incapacità antropologica dei meridionali di regolare spese ed entrate il fallimento delle regioni del Sud.
Parte III
La terza parte esamina il federalismo, la riforma del Titolo V della Costituzione. Molto interessante è la presentazione delle posizioni dei politici e degli ideologi di tutte le correnti politiche che difficilmente si ha occasione di vedere insieme. Per esempio colpisce l’acuta riflessione di Luigi Ventura che ricorda che non è mai esistito “il federalismo per scissione” ma caso mai il contrario e che lo stato, nel momento in cui sembra concedere margini di organizzazione autonoma, non assegna l’autonomia finanziaria che sarebbe necessaria. Silvio Gambino, riporta Soriero, afferma che in Germania e Spagna un sostanziale miglioramento si è avuto col processo inverso di accentramento di alcune funzioni nello stato centrale.
Si arriva così a temi più attuali come l’abolizione delle province, agli effetti sulle scelte dei comuni sulla fiscalità locale come ICI, all’IRAP, l’addizionale Irpef, tutto corredato da dati. E la questione federalismo porta il discorso alla riforma costituzionale del governo Renzi in cui il nuovo Senato sembra avere qualche elemento di concessione alle realtà regionali e territoriali.
Parte IV
La quarta parte del volume continua con l’analisi degli squilibri Nord-Sud che si possono riassumere nella frase di uno studente di Soriero che tanto piace all’Autore e che spesso cita anche nelle interviste: «Dove tutto e dove niente!». Non lo dice in queste pagine ma, sempre negli interventi pubblici, Soriero cita l’esempio che calza perfettamente con l’immagine della copertina del libro: nelle zone del Nord le popolazioni protestano per un eccesso di infrastrutture (es. l’Alta velocità in Piemonte) e il Sud dove non solo non arriva l’Alta velocità, che si ferma a Salerno, ma anche le tante storiche stazioni come quella di Roccella Jonica in cui una ragazza aspetta un treno che forse non arriverà mai o la stazione di Catanzaro Sala di cui più volte Soriero ha denunciato la chiusura e lo stato di abbandono. Per non parlare della enorme iniezione di risorse nel Nord per il Mose, l’autostrada Brebemi, l’Expo, l’Alta velocità, le Olimpiadi invernali di Torino, le varianti di Valico, ecc.
Molto puntuale è la disamina dei vari tipi di intervento e delle risorse stanziate e spese nei Fesr, Fce, Fse, e così via, insieme agli studi di diverse agenzie. Da tutte si ribadisce che se il Sud non persegue strategie di cambiamento strutturale destinate, ad esempio, all’export dal momento che non si prevede nell’immediato una rilevante ripresa dei consumi interni, tutto sarà vano. E qui torna il dualismo centro-periferia, cioè il bisogno vitale di una politica e una strategia centralizzate al posto delle inutili 22 strategie regionali che nulla possono contro la globalizzazione dell’economia con cui ci si deve confrontare.
La conclusione per l’Autore sembra essere la fiducia nel cambio di rotta che dalla stessa Comunità europea viene richiesto per il futuro: le risorse dovranno essere prioritariamente impiegate per ricerca, innovazione, tecnologia e competitività e la verifica andrà fatta sui risultati e non su altri indicatori facilmente addomesticabili. La riforma del Codice dei contratti dovrebbe velocizzare le procedure e consentire di raggiungere i risultati auspicati alle amministrazioni di buona volontà.
Parte V
Nella quinta parte Soriero propone un’analisi “pacata” dei dati che, ancora una volta però, mettono in evidenza il progressivo aumento delle quote di investimenti ordinari nel Nord. “Né ponte né treni” è l’amara conclusione dell’Autore sulla svolta attuata nel 2008 quando si sancì la fine del progetto “Ponte sullo stretto di Messina” per dirottare i fondi sulle infrastrutture (svincoli autostradali e ferrovie) e a iniziative a salvaguardia dell’ambiente. Sono prioritari i corridoi ferroviari Helsinki- La Valletta e Palermo-Berlino che avrebbero lo scopo di facilitare gli scambi Nord-Sud per compensare quelli Est-Ovest, afferma Soriero. I due percorsi non sono equivalenti da un punto di vista strategico perché quello Nord-Sud si affaccerebbe verso il centro del Mediterraneo che è la nuova frontiera, destinata ad assumere straordinaria rilevanza se e quando l’Africa e il Medio Oriente diventeranno regioni “normali”, considerata l’immensa disponibilità di materie prime, di un mercato tutto da sviluppare e di infrastrutture da costruire o ricostruire. Purtroppo gli ultimi sviluppi della situazione internazionale, più recenti ancora della pur recente redazione del libro di Soriero, non lasciano intravedere una soluzione nell’immediato ma se crediamo che il bene prima o poi prevarrà , a prescindere dal diverso significato che ciascuno di noi può attribuire alle parole “bene” e “male”, il “bene” non potrà non prevedere la pacifica convivenza e lo sviluppo del commercio tra popoli liberi.
Purtroppo negli ultimissimi anni la crisi dell’occupazione al Sud ha raggiunto valori record che non si riscontravano da 40 anni. Soriero sfiora il problema della responsabilità dell’euro e della sua introduzione nella crisi attuale, ma, concordando con Prodi, dice che la stretta osservanza del limite del 3% del deficit che sembra essere l’ossessione degli ultimi governi, ha la sua parte di colpa nella mancata crescita del PIL che richiederebbe invece iniezioni di forti cifre, come ha fatto il governo americano che in questo modo sembra avere scongiurato una crisi grave quanto la nostra.
Non secondaria nella crisi attuale del Sud è la situazione demografica. Si sta assistendo alla paradossale inversione di tendenza rispetto a quando il Sud era il serbatoio demografico dell’Italia. Oggi la perdita di abitanti delle grandi città del Sud si aggira sul 3% sulla base di un decennio, mentre nelle gradi città del Nord si assiste a un aumento proprio della stessa cifra.
Come stimolo allo sviluppo Soriero propone il buon vecchio settore delle costruzioni che con il Piano Città potrebbe offrire occupazione e rigenerazione del tessuto urbano degradato.
Qui mi sembra però di avvertire una certa contraddizione con quanto detto in pagine precedenti ove l’Autore individuava nell’enorme numero di abitazioni vuote (ma lo stesso si potrebbe dire per l’immenso patrimonio pubblico di scuole, asili, ospedali ecc. ormai vuoti) che rappresentano un monumento allo spreco. Non è solo una nuova categoria morale di “peccato” ma una modalità di distruggere ricchezza che potrebbe andare in altre direzioni. Il problema del recupero edilizio al posto dell’ulteriore consumo di territorio può essere una scelta vincente per ottenere due vantaggi con una sola azione ma non può avvenire senza una rivoluzione culturale. Qualcuno l’ha chiamata “decrescita felice” ma forse si tratta solo di prendere in considerazione una nuova socialità – che poi sarebbe quella delle origini – smettendo di abbandonare i centri storici con case magnifiche ma da rigenerare a favore di case più grandi ma omologate. Ma Soriero, oltre che per la sua sensibilità politica, anche per la sua formazione professionale di architetto, non pensa a un’estensione dell’abitato. Lo dice chiaramente quando parla di riqualificazione degli edifici e degli spazi aperti pubblici e privati. Questa rigenerazione urbana, afferma, riempirebbe di contenuti l’ormai logora espressione di valorizzazione di giacimenti culturali che privi della presenza vivificante di abitanti veri, persone in carne e ossa che ogni giorno vivono nei territori da valorizzare, sarebbe cosa effimera. La Pubblica amministrazione molto può fare per favorire questo processo. Non solo con incentivi e defiscalizzazioni ma con l’istituzione di “Zone a burocrazia semplificata” il cui significato si spiega da solo.
La quinta parte si conclude con un ritorno a uno dei temi preferiti di Soriero e cioè il porto di Gioia Tauro che sembra riassumere tutte le caratteristiche dell’intero Sud: da posizione decentrata e di cattedrale nel deserto senza infrastrutture a occasione formidabile pronta a un rilancio globale del Sud e dell’intera Italia se si sarà in grado di cogliere alcune formidabili trasformazioni nelle rotte commerciali rese possibili dal raddoppio del canale di Suez che è avvenuto nel 2015, persino in anticipo sulla data prevista nel 2016 indicata nel libro. La maledizione della posizione eccentrica che più volte nel libro viene indicata come responsabile del’atavico freno allo sviluppo del Sud, potrebbe questa volta trasformarsi nella sua storica occasione di sviluppo.
CONCLUSIONE
Nella conclusione Soriero si inoltra nella situazione politica attuale e nell’analisi della posizione assunta dal presidente del Consiglio Renzi sull’Europa e i rapporti con l’Italia. Soriero sembra annettere fiducia all’azione del Governo sia nella rinnovata posizione in Europa (rispettosi ma non subalterni) sia nell’efficacia della grande mole di provvedimenti legislativi che dovrebbero portare, magari non immediatamente, alla possibilità di far fruttare veramente i miliardi di euro che nei prossimi anni si investiranno in Italia.
Le prospettive positive, la fiducia nel nuovo che sta emergendo si fanno strada in quest’ultima parte del libro di Soriero. L’Autore vuole trarre dalla lunga, impietosa, oggettiva analisi delle pagine precedenti, auspici per scommettere sul possibile successo del Sud. Le nuove tecnologie, i voli low cost, il progetto Erasmus, l’utilizzo di Internet hanno consentito a molte realtà del Sud di sopravvivere alla crisi e condividere con il Nord nuove mete di progresso collettivo.
Il governo deve proseguire con l’innovazione. L’Autorità anticorruzione sta svolgendo un lavoro egregio per fare terra bruciata contro la mafia e le sue infiltrazioni nei grandi appalti; l’inversione di tendenza nei confronti dei politici corrotti che non vengono più protetti ma, come abbiamo visto anche in questi ultimi giorni, sottoposti al giudizio della magistratura senza più la certezza di impunità, sono tutti segni che qualcosa sta effettivamente cambiando.
Le ultime parole, prima dell’Appendice che come ho già detto analizza i dati del porto di Gioia Tauro, sono per l’auspicio dell’intervento dell’Europa quale forza propulsiva, forse l’unica capace di convincere l’Italia a fare del suo Sud un avamposto dell’intero continente verso le sponde del Mediterraneo su cui, scommette Soriero, si giocherà la partita dello sviluppo dei prossimi anni.
E il Sud, invoca l’Autore utilizzando le parole di Papa Francesco, non tardi a obbedire per il suo bene all’invito di «estirpare l’adorazione del male», il male oscuro della criminalità che molto futuro finora ci ha sottratto.
Giuseppe Musolino
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