Quando «Il Reventino» eravamo noi
Scritto da Giuseppe Musolino il Gen 22, 2022 in News, Storica | 1 commentoChi segue i miei post sa che qualche settimana fa ho pubblicato una pagina che ho chiamato «Bibliotecaonline» allo scopo di riunire in una biblioteca virtuale tutte le opere scritte da autori di Decollatura (libri e articoli di approfondimento) o aventi come argomento Decollatura. Ebbene, una delle scoperte — se così si può dire — più interessanti, oltre al sorprendentemente grande numero di “pezzi” fin qui censiti, è la ricorrente presenza del nome della nostra bellissima, celebrata e invidiata Montagna del Reventino nelle pubblicazioni.
La prima, in ordine di tempo, che ha avuto questo nome è stata la rivista settimanale fondata dall’avvocato Rosalbino Cerra (Decollatura 1863-1950) riportante la testata Il Reventino.
Il primo numero, qui sopra riprodotto, uscì il 16 marzo 1904 sebbene il debutto (come si può leggere nell’apertura) fosse previsto per il primo giorno del mese. I caratteri scelti per la testata hanno un vago sapore western ma dopo l’uscita di diversi numeri furono cambiati.
L’avvocato Rosalbino Cerra aveva iniziato molto presto la sua carriera di giornalista, quando ancora era studente liceale a Napoli. Qui nel 1888 entrò nella schiera dei giornalisti assumendo la direzione di «Parva favilla», periodico scientifico-letterario-artistico stampato nella tipografia di Michele Gambella. Dopo la laurea il legge a pieni voti presso l’Università di Messina e il rientro a Decollatura, la passione per la cultura e la politica lo spinsero a fondare un nuovo periodico al quale diede il nome dell’elemento caratterizzante la vita e la storia di Decollatura.
Il Reventino aveva un chiaro respiro comprensoriale, regionale se vogliamo, come si deduce dai corrispondenti da molti paesi calabresi ma anche da Napoli da dove giungevano le cronache degli spettacoli tenuti nei principali teatri cittadini. Poi c’erano l’angolo della poesia, la rubrica di grafologia, la corrispondenze sui fatti di cronaca, la piccola posta dei lettori, l’enigmistica, e c’era anche la pubblicità, vera chicca di cui qui di seguito pubblico un esempio.
Una delle pagine più belle e in sintonia col titolo della testata e delle leggende che da sempre a Decollatura circolano sulla relazione tra le fate e il Monte Reventino, è apparsa nel n. 5 del 9 maggio 1904. Quello che pubblico qui di seguito è l’incipit dell’articolo ma credo che presto lo pubblicherò integralmente perchè so di molte persone interessate a questa leggenda e così potremo leggerne una versione molto autorevole, non solo per la fonte ma anche per i 117 anni che porta sulle spalle.
«Il Reventino» fu pubblicato ininterrottamente fino all’avvento del fascismo, ma l’ultimo numero che ho potuto visionare direttamente è del 1910.
Torniamo ora al tema di questo post. Dopo la sospensione delle pubblicazioni del settimanale Il Reventino avvenuta negli anni Venti, per un po’ (salvo scoperte ancora da fare) il Monte scomparve dalle testate delle pubblicazioni, facendovi ritorno però nel 1971. In quell’anno, a settembre, a Decollatura fu pubblicato un numero unico ciclostilato dal titolo Il Reventino ad opera di un gruppo di giovani intellettuali decollaturesi (a questo LINK maggiori dettagli).
La Presentazione fu affidata a Mario Gallo — futuro saggista storico, docente e dirigente scolastico — il quale rivendicava nel testo il legame di continuità con l’antica pubblicazione, come si può leggere in questo breve estratto:
Il nome del Monte Reventino non ha cessato di ispirare gli autori, come vediamo in quest’altra pubblicazione del 2017 del compianto Nicola Esposito. L’Autore già in precedenza aveva pubblicato altri articoli, in particolare uno dal titolo “Storia di un’iniziativa” sul numero unico «La Tribuna del Reventino», fascicolo del 1970 o 1971 che non sono riuscito a reperire, ma che cito a riprova dell’ininterrotto connubio tra scrittori decollaturesi e la grande montagna. E se proprio vogliamo approfondire, in quell’articolo Esposito parlava dell’iniziativa della nascita del più grande, per non dire unico, esperimento di cooperazione tra produttori agricoli del comprensorio, che doveva sfociare nella nascita di una cooperativa per la produzione e commercializzazione delle patate a cui fatalmente fu dato il nome di Cooperativa Reventinia.
Ma non finisce qui perchè Reventino ha avuto in Decollatura altri numerosi utilizzi nei nomi di imprese ed enti: la gloriosa Tipografia Grafica Reventino, il Moto Club Reventino, Radio Reventino 101 fondata da Mario Perri nel 1976 e oggi sul web, l’officina Autoreventina, il Bar Reventino, l’UCCP del Reventino, il CSM del Reventino, l’Associazione NERS (Nucleo emergenze Reventino-Savuto), l’Associazione Discovering Reventino, l’ANPI Reventino, il sindacato SPI CGIL – Lega del Reventino, il Gruppo Quad Falchi del Reventino, il Comitato agricoltori Reventino, per non parlare di tutti i gruppi Facebook che hanno Reventino nel loro nome e dei quali non è evidente altro riferimento territoriale.
Che cosa sta accadendo? Perché questo toponimo così poco studiato (non dovrei dirlo io ma l’unico studio etimologico attualmente esistente è quello che ho pubblicato nel saggio Decollatura. Volume I) ha avuto un’impennata così vistosa — specialmente negli ultimissimi anni — fagocitando, assorbendo e facendoli scomparire tutti i riferimenti territoriali che appaiono ormai come non politicamente corretti?
La retorica del “fare rete“, “uniti si ottiene“, “la forza sta nell’insieme” e altre amenità del genere, non mi convince. Chiunque analizzi con un po’ di profondità il fenomeno, si rende conto che la “contesa del toponimo“, la strategia di impossessarsi (emotivamente, si intende) di un nome, di un concetto, di un prodotto enogastronomico di eccellenza, in definitiva di una fetta o forse anche di un’intera secolare cultura, è in pieno svolgimento e molti sono quelli che si “consegnano spontaneamente” senza opporre resistenza. Di solito, in lingua italiana, la sineddoche prevede l’uso di una parte per il tutto. Qui sta accadendo il fenomeno opposto: si usa “il tutto“, cioè “Reventino“, al posto della parte. Ma già, qual è questa parte? Per capirlo bisogna usare la vecchia tecnica del «cui prodest?» vale a dire “a chi giova?“. Se ancora non ne veniamo a capo, guardiamo chi danneggia. Non solo il glorioso nome della nostra identità in uso documentato da mille anni non viene più utilizzato da nessun soggetto pubblico o privato nella propria ragione sociale, ma anche l’umile venditore che potevamo incontrare fino a qualche anno fa lungo le strade del lametino per qualificare come di prima qualità il sacchetto di tuberi da 3 kg che proponeva ai clienti, ha definitivamente sostituito la provenienza “di Decollatura” con quello di “silane“. A un amico che mi faceva notare come, secondo lui, quel prodotto non fosse effettivamente di Decollatura, io risposi che probabilmente, anzi sicuramente, aveva ragione ma proprio quella era la nostra forza: finché di un prodotto esiste il falso, l’originale mantiene ancora alto il suo valore.
Concludo parafrasando la mitica scritta che compariva su un muro vicino al vecchio campo sportivo vicino Piazza della Vittoria dico «Riviva la Decollatura dei vostri Padri» e con essa la patata di Decollatura, la soppressata di Decollatura, il fagiolo Monachella di Decollatura, le Fiere di Decollatura, i poeti di Decollatura, i boschi di Decollatura, la lingua di Decollatura, le associazioni di Decollatura, i patrioti di Decollatura, gli alberi monumentali di Decollatura, la Ferrovia di Decollatura, gli svincoli stradali di Decollatura e tanto altro che evito di aggiungere.
Sì alle collaborazioni amicali, porte aperte e pieno sostegno anche nel promuovere e valorizzare le identità altre, ma fare come quel (quasi) volatile che aiuta ad accumulare legna per il forno in vista del Thanksgiving Day, quello — vi prego — proprio no!
© Giuseppe Musolino 2022
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